I “Ranuncoli” sono dei fiori semplici ma eleganti provenienti dall'Asia.
La conoscenza di queste piante è molto antica. I turchi chiamavano
queste piante “Fiori doppi di Tripoli”; mentre lo scrittore e filosofo
romano Apuleio
(125 – 170) le nominava come “Erba scellerata” a causa della loro
tossicità; i greci, più anticamente, avevano invece trovato il nome di
“Batrachion” (vedi paragrafo seguente). Così con queste informazioni il
botanico italiano Paolo Bartolomeo Clarici (1664 – 1725) introduce la
descrizione del “Ranuncolo” in un suo scritto[1].
Etimologia[modifica]
Il nome generico (Ranunculus), passando per il latino, deriva dal grecoBatrachion[2], e significa rana (è Plinio scrittore e naturalista latino, che c'informa di questa etimologia) in quanto molte specie di questo genere prediligono le zone umide, ombrose e paludose, habitat naturale degli anfibi.
La denominazione scientifica attualmente accettata è stata proposto da Carl von Linné (1707–1778), biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.
Un vero mito ancora oggi, ricordo indelebile nel cuore dei parmigiani:
il ducato felice di Maria Luigia,seconda moglie di Napoleone Buonaparte,
Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla dal 1816 al 1847.
La sovrana austriaca che seppe conquistare l'amore e la fiducia dei suoi
sudditi governando per un lungo periodo in pace e prosperità.
La violetta dorosa, il fiore diletto di cui si circondava, è diventato da allora il simbolo della città, quasi oggetto di culto.
Ancor prima del suo arrivo in Italia, nel 1815 scriveva dal castello di
Schonbrunn alla sua dama d'onore a Parigi: "Vi prego di farmi tenere
qualche pianta di Violetta di Parma con la istruzione scritta per
piantarle e farle fiorire; io spero che esse germoglieranno bene, poichè
io divengo una studiosa di botanica, e sarò contenta di coltivare
ancora questo leggiadro piccolo fiore..."
E non appena arrivata a Parma ella si occuperà personalmente della loro
coltivazione, sia nell'Orto Botanico da Lei voluto, sia nel giardino
della residenza estiva di Colorno.
Maria Luigia amò la viola anche come simbolo e come colore: in alcune
lettere una viola dipinta sostituisce la sua firma, e viola volle che
fossero le divise dei suoi valletti, gli abiti dei cortigiani, i propri
mantelli.
A Maria Luigia ed al suo amore per questo fiore si deve l'esistenza del profumo "Violetta di Parma":
fu lei ad incoraggiare e a sostenere le ricerche dei frati del Convento
dell'Annunciata,che, dopo un lungo e paziente lavoro, riuscirono ad
ottenere dalla violetta e dalle sue foglie un'essenza del tutto uguale a
quella del fiore.
I primi flaconi di Violetta di Parma, prodotti grazie alla abilità
alchemica dei frati erano unicamente destinati all'uso personale della
Duchessa Maria Luigia.
Fu da questi stessi frati che verso il 1870 Ludovico Borsari
ebbe la formula segreta, sempre gelosamente custodita, per la
preparazione di quel profumo ed ebbe per primo la coraggiosa idea di
farne una produzione da offrire ad un pubblico più vasto.
Inizia così la carriera il futuro cavaliere Ludovico Borsari, che
trasformerà la sua iniziativa nella prima grande industria italiana di
profumi, nota in tutto il mondo. Abili creatori realizzarono scatole e
confezioni preziose e soprattutto bellissimi vetri lavorati, che
caratterizzeranno la produzione Borsari 1870 per oltre un secolo. http://www.parmaitaly.it/storia.html
Il genereNymphaea è strettamente correlato al genereNuphar. La differenza più evidente sta nel fatto che in Nymphaea i petali sono più grandi dei sepali, mentre in Nuphar i petali sono molto più piccoli dei sepali. Anche la maturazione del frutto è diversa: il frutto di Nymphaea affonda sotto il livello dell'acqua subito dopo che il fiore si è chiuso, mentre i frutti di Nuphar restano al di sopra del livello dell'acqua fino a maturità.
Le ninfee sono talvolta chiamate fiori di loto, ma non vanno confuse con le specie di loto indiano del genereNelumbo, usate nella cucina asiatica e sacre all'Induismo ed al Buddhismo. Il genereNelumbo inoltre appartiene ad un'altra famiglia Nelumbonaceae, e un ordine diverso Proteales.
Paolo Bartolomeo Clarici (un botanico italiano: 1664 - 1725) nei suoi scritti afferma che il nome di questo genere (e della sua specie più conosciuta) fu voluto dal filosofo e botanico greco antico Teofrasto (in greco “Θεόφραστος”; Ereso, 371 a.C. – Atene, 287 a.C.) e da Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa – 90 circa) medico, botanico e farmacista greco antico che esercitò a Roma ai tempi dell'imperatore Nerone”...perché ella ami e cresca nei luoghi acquatici e paludosi...”; ma, in alternativa a quando appena detto (è sempre il Clarici che scrive) Plinio riferisce che questi fiori furono nominati da una Ninfa tramutata in questo fiore perché gelosa di Ercole. In realtà sembra che il nome generico (Nymphaea) derivi dal vocabolo arabo ”nenufar” (derivato a sua volta dal persiano ”loto blu”). Ad introdurlo nella nomenclatura botanica è stato il medico, botanico e teologo tedesco Otto Brunfels (Magonza, 1488 – Berna, 25 novembre 1534) nel 1534[6].
Il nome scientifico attualmente accettato di questo genere (Nymphaea) è stato proposto in via definitiva da Carl von Linné (Rashult, 23 maggio 1707 –Uppsala, 10 gennaio 1778), biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.
Gli antichi egizi adoravano le ninfee del Nilo, o fiori di loto come sono anche chiamate. N. caerulea apre i suoi fiori al mattino e li affonda nell'acqua al tramonto, mentre N. lotus fiorisce di notte e chiude i fiori al mattino. Resti di entrambi i fiori sono stati trovati nella camera sepolcrale di Ramesse II.
Gli egizi, che nella scelta dei simboli utilizzati nei loro geroglifici
attingevano alla realtà che li circondava, avevano rappresentato la
ninfea in alcuni segni. In uno di essi è disegnato il fiore di ninfea:
mentre in un altro, utilizzato come simbolo numerico per indicare la cifra 10.000, è rappresentata una foglia di ninfea con lo stelo e il rizoma sommersi:
Tratta dall'album Altro e Altrove - Parole d'amore di popoli lontani (1993)
Il testo è di una poesia giapponese del 736. L'autore è anonimo.
Narra
di una spedizione diplomatica verso il reame coreano di Shiragi. Un
marinaio e la sua donna con queste parole si separavano.
Viola del pensiero....
La Viola del Pensiero fu uno dei simboli utilizzati durante l'Impero di
Napoleone dalle compagini dei sui sostenitori, che anche
clandestinamente sostenevano il proprio Imperatore; pare infatti che la
Viola del Pensiero fosse la parola d'ordine dagli stessi utilizzata. La
mitologia greca associa invece la Viola del Pensiero alla bellissima
ninfa Io, di cui si innamorò perdutamente Giove, che, proprio per
questo, fu trasformata per volere di Giunone in giovenca. Il significato
comunemente attribuito alla Viola del Pensiero è dunque quello di
riflessività e ricordo. http://www.giardinaggio.it/Linguaggiodeifiori/singolifiori/violadelpensiero.asp
Derivato dal latinorosa e dal grecorodon, con identico significato, questo nome affettivo-augurale si riferisce al fiore della rosa. La tradizione di attribuire alle persone nomi di fiori (quali Margherita, Iris, Viola, Dalia, Camelia, Gardenia, Edera, Giacinto,
ecc.), antichissima e molto diffusa, si lega al simbolismo ad essi
attribuito. In questo caso la rosa, oltre ad essere considerato il fiore
per eccellenza, è simbolo di bellezza, regalità, giovinezza e amore. Il
nome si è diffuso in Italia a partire dal Medioevo.
Nel secolo scorso Rosa ha avuto grande diffusione in Italia, essendo il terzo più diffuso tra i nomi femminili[1].
Nel linguaggio dei fiori è simbolo per eccellenza della grazia e della bellezza.
È il fiore che ha ispirato i poeti di tutto il mondo e che nel corso dei
secoli l'hanno definita in tanti modi, come ad esempio: la "regina dei
fiori", la "figlia del cielo" e la "gloria della primavera".
Si dice che "ogni rosa ha la sua spina", poiché ogni cosa, anche quella
più bella, ha necessariamente i suoi lati spiacevoli, e lo stesso
significato ha il detto "non c'è rosa senza spine".
Si usa dire che "se sono rose fioriranno", se le cose andranno come si spera.
Le rose sono tradizionalmente regalate a San Valentino dagli innamorati, ma si usano anche per la festa della mamma.
È una pianta antica e molto rustica, coltivata e incrociata in numerose
varietà, che portano nomi a volte bizzarri e colori fantasiosi.
A seconda del colore la rosa assume diversi significati.
ROSA BIANCA
Nel linguaggio dei fiori rappresenta la purezza.
ROSA GIALLA ACCESA
Nel linguaggio dei fiori la rosa gialla è il vessillo della gelosia.
ROSA GIALLA ORLATA DI ROSSO
Nel linguaggio dei fiori indica l'amore tenero ed eterno.
ROSA GIALLA PALLIDA
Nel linguaggio dei fiori esprime la titubanza in amore e richiede conferma.
ROSA ROSSA
Nel linguaggio dei fiori è senza dubbio la messaggera di un amore
passionale e travolgente. Il rosso rappresenta il colore dell'amore,
della vita, del sangue e del fuoco. Era considerato anche il colore del
Dio della Felicità, che dispensava la ricchezza agli uomini.
Come si allungano le ore di luce, com’è ingordo Febbraio di oro torbido e di vita allo stato nascente di rami germinanti dal niente su cui si apriranno dei fiori dicendoci che è possibile riavere dal niente, forme, profumi, colori. È questo il tuo miracolo, Amore, questa violenta volontà di essere materia che si agita e si muove e si piega e si mescola e confonde, l’energia marina del vento, l’energia aerea delle onde. È questo il tuo miracolo, Amore, lo spirito che entra nelle cose che popola il vuoto di mimose come fa sui viali liguri Febbraio.